MIO NONNO GUGLIE''


Guglielmo Tonarelli ... il mio BIS-NONNO 
A 18 anni , durante la grande Guerra, ha combattuto sul Piave

Ero piccolo quando mi sedevo accanto a lui ad ascoltare le sue storie.
La cosa che mi colpiva maggiormente era la sua gamba di legno, mi faceva strano vederla appoggiata ai piedi del letto durante le sue pennichelle pomeridiane. 
Mi raccontava di averla persa durante gli aspri combattimenti sul Piave ed io affascinato, rimanevo rapito dalle sue avventure. Solo dopo alcuni anni dalla sua morte scoprii che in realtà la perdita della gamba fu dovuta ad un incidente in cava. Ma poco importa, è stato bello perdermi dentro i suoi occhi azzurri ed è stato facile credere a tutto quello che usciva dai sui baffi, mai banale, spesso ironico, un’ironia sottile che solo gli uomini semplici sanno usare. 
Se ne andò così, senza che me ne accorgessi, ma la sua assenza ha creato un piccolo vuoto nella mia infanzia che non ho nessuna intenzione di riempire. 
Ciao nonno Gugliè, spero che tu ti ricorda di me, un piccolo bambino ai piedi della tua gamba.


24 Maggio 2020 

Guglielmo Tonarelli 24 Aprile 1896 (più o meno)


La storia di Gugliemo, quella vera è questa:
Guglielmo Tonarelli, con lo scoppio della Grande Guerra, fu chiamato alle armi ed arruolato nel reparto di fanteria ARDITA soprannominato "Le Fiamme Nere", il loro motto era "O la vittoria o tutti accoppati". Si trattava di un reparto speciale d'assalto del Regio Esercito Italiano, il colore della divisa era principalmente nero. 
La loro linea di competenza era il Piave, dove la battaglia si faceva spesso aspra e snervante. I soldati erano costretti a vivere sulle montagne fino a diventare parte di esse. Il pericolo maggiore per i reparti in trincea erano i gruppi di cecchini. Soldati austriaci, nascosti fra le rocce, uccidevano in modo sistematico chiunque facesse capolino. 
Guglielmo, fin da subito venne individuato dal tenente per la sua enorme abilità di tiro, venne inserito fra i tiratori scelti e spesso gli venivano assegnate delle missioni ritenute impossibili, missioni che servivano a salvare vite. 
La croce d'argento però gli venne assegnata per questo episodio:
un gruppetto di cecchini stava decimando la squadra, uno dopo l'altro. Nessuno poteva spostarsi, neppure per recuperare i compagni uccisi. Bisognava risolvere il problema: serviva un volontario che tentasse di fermarli. Il tenente si presentò dal capitano dicendo che nel suo reparto c'era un soldato che avrebbe potuto affrontare la missione, un ragazzo sveglio, abituato alla montagna, un abile ed eccellente cacciatore con una mira infallibile ... il tiratore scelto Gugliemo Tonarelli.
Il comandante, nel spiegare il problema al soldato quasi non trovava le parole, si rendeva conto che con molta probabilità avrebbe mandato un ragazzo a morire. Sottolineò più volte che non si doveva sentire obbligato, che non era un ordine, ma una richiesta. Serviva un volontario e lui era stato indicato dal suo diretto superiore come l'uomo giusto. Finito il discorso, guardò Guglielmo dentro i suoi grandi occhi azzurri, gli posò la mano destra sopra la spalla sinistra e aspettò la risposta che arrivò immediatamente, senza nessuna esitazione, senza nessun segno di paura o di preoccupazione. 
 - Ci penso io Comandante, disse impettito aggiungendo qualche altra frase in dialetto massese sporcato da qualche parola d'italiano. 
Guglielmo studiò bene il versante roccioso dove erano appostati i cecchini austriaci, aspettò la notte e con la destrezza di un lupo, roccia dopo roccia, cespuglio dopo cespuglio, riuscì ad aggirare il nemico e a metterlo nel proprio mirino. Le testimonianze parlarono di pochi colpi, diretti, precisi, sentenziali. Nel giro di pochi secondi il gruppetto di nemici fu eliminato. Era la guerra, o la vittoria o accoppati. 
Per fortuna quella maledetta guerra finì e il mio bisnonno tornò sulle sue Alpi, tornò a lavorare sulle rocciose e bianche cave di marmo che lo avevano  visto crescere. La guerra, però, non gli lasciò solo qualche medaglia al valore, ma anche delle micro schegge di pietre sulla gamba, una delle tante granate lanciate dal nemico durante gli innumerevoli e repentini assalti. 
Il destino volle che proprio quelle minuscole pietre diventarono responsabili della perdita dell'altra gamba: 
un giorno, come accadeva spesso, durante la lizzatura, un blocco "sbracò" di lato, proprio dalla parte di Guglielmo. La sua prontezza e la sua agilità non bastarono ad evitare che gli franasse addosso; "la gamba" lo aveva tradito, le ferite di guerra gli avevano impedito lo slancio. 
Solo e con la gamba che sgorgava sangue a frotte, sotto lo sguardo impotente dei compagni di lavoro, fece l'unica cosa che un soldato della "Fiera" potesse fare: tirò fuori dal taschino il suo coltello  e, con l'abilità di un esperto macellaio, si segò l'arto all'altezza del ginocchio, per poi tamponare il sangue con la sua camicia e fermare l'emorragia con la sua cintura. Finita l'operazione, si trascinò praticamente da solo fuori da quell'inferno tinto di rosso. 
Così raccontano i cavatori che assistirono alla scena, così andò pressapoco la storia. Già, perché Guglielmo a suo modo fu parte della storia, quella di uomini che diventano eroi... storie da raccontare ai nipotini increduli davanti ad un camino, e ad una gamba gamba di legno appoggiata ai piedi di un letto.

Il battaglione degli Arditi, aveva il suo comando a Sdricca di Manzano (UD), questo gruppo di specialisti fu creato in occasione della grande Guerra per combattere sul Piave e fu sciolto nel 1920.   
  








«...il soldato italiano, non per virtù di provvedimenti di comando o di governo, né per favorevole rivolgimento di situazione militare (che dovette anzi conquistare col suo sangue), ma da sé e da solo, ben inteso sotto i suoi comandanti diretti di unità e di reparti, riprese la coscienza morale e il suo valore...»

(Gaetano Giardino)

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